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简介
«Alessandro has a shining, brilliant tone that adds a bite to his arrangements and original songs along with his clever and inventive chords. This duo recording shows his "Monk-like" humor that is rare in guitar recordings. It also shows that he's using his influences to develop a unique and individual voice». Freddie Bryant - Guitar Player, Associate Professor at Berklee College of Music "A repertoire that goes, with such a confidence,through well known pieces making them sound so fresh (..)" (..)"The thing that two young, and terrific, talents like Florio and Magatelli are able to make such a new and special music with such old ingredients it is an ultra-rare circumstance, in Italy and not only in Italy." Vincenzo Martorella- Music Critic (JazzIt, AllAboutJazz Italy, Chitarre etc..). "Di Legno, Corde e Aria" Recensione di Vincenzo Martorella: Per paradossale che possa sembrare, il duo è, tra tutti gli organici possibili, il più difficile da affrontare. Eccezion fatta per la solo performance, nella quale l’esecutore corrisponde integralmente al progetto e a esso è totalmente sovrapponibile, il numero di musicisti di una formazione è inversamente proporzionale alla complessità di gestione dell’espressione: essere il quarto sassofono di una big band è molto più semplice che esibirsi in duo con altro strumentista. Ovvero, più si è, più i compiti sono parcellizzati e chiari. Nel duo, invece, quasi non ci sono ruoli, anche quando, come in questo caso, uno strumento - la chitarra di Florio - svolge tendenzialmente una funzione solistica e l’altro - il contrabbasso di Magatelli - accompagna e sostiene. Perché il duo è per sua natura paritario, egualitario: si basa sul dialogo, esiste solo in virtù dell’ascolto reciproco, della capacità di reagire in tempo reale agli stimoli: è il più discorsivo e colloquiale degli organici, e proprio per questo necessità di dedizione assoluta. E di specialisti, proprio come Alessandro Florio e Mattia Magatelli. Per capire quanto sia addirittura necessaria, per loro, la dimensione dialogica fate quest’esperimento: scegliete un brano a caso e pescate un momento a caso: che si tratti dell’esposizione di un tema, di un solo di chitarra o di contrabbasso, che abbiate preso un passaggio arrangiato o improvvisato, ciò che ci troverete è il sentire all’unisono, il pre-vedere cosa farà l’altro, l’immaginarne il passo successivo. Ecco, è il segreto del duo che funziona, e che accomuna questa pratica elegante e raffinatissima all’altrettanto raffinato sport del rugby: la palla ovale non può mai essere passata in avanti. I due strumenti acustici, poi, vanno a meta, per mantenere la metafora rugbistica, grazie alla sapienza con cui affrontano un repertorio che - Monk a parte (ma Monk, per restare in tema, è un po’ una metafora ossessiva per Florio), e a parte gli originali (anche se Ring Shout, firmato dal chitarrista, è più monkiano di Monk, da leggersi come il più alto dei complimenti) - attraversa con invidiabile sicurezza temi noti rendendoli nuovissimi (come Laverne Walk di Oscar Pettiford) in virtù di una tavolozza timbrica che spreme ogni possibilità dagli ingredienti antichi di cui i loro strumenti sono fatti: legno e corde e aria. Che due giovani jazzisti italiani, che molto hanno vissuto e studiato all’estero, sappiano esprimersi con tanta maturità stilistica, e con una simile personalità espressiva, è forse il segno di questo tempo fertile e ricco per il nostro stivale. Che due giovani, e formidabili, talenti come Florio e Magatelli, siano capaci di produrre musica così speciale e nuova con ingredienti così antichi è, invece, una rarissima circostanza, in Italia e non solo. Vincenzo Martorella